Aldo Nove (1967-) 

Maria

Lei era una bambina che qualunque collina
avrebbe voluto avere come sole.
Da tempo immemorabile era bella.
E più che una bambina era una stella.

Più che una stella era qualunque cosa.
Più di qualunque cosa era amorosa,
più di qualunque amore decorosa:
di tutto l’universo era la sposa.

Ma era troppo piccola: una rosa
che sboccia appena, come ogni creatura
sospesa tra l’eterno e la paura
dei giorni che dei sogni sono mura.

Le mura di chi è nato e non gli è dato
capire più di quanto del creato
gli venga in uno spazio costruito
e dentro un tempo già determinato.

Ma i sogni la sognavano più forte
del sogno che a ogni nato è dato in sorte
prima che nel silenzio della morte
le vite si ritraggano contorte.

Quasi che solo quello si sapesse:
che tutto infine ha fine come il sole
e l’universo e tutto ciò che vuole
vivere sempre, e che vivendo muore.

Quest’era l’infinita nostalgia,
quest’era l’assoluta lontananza
prima che quella luce in quella stanza
dicesse allora e per sempre: “Maria”.


Nord

un orologio ch’è contro i teroni
l’ho comperato venerdì a gurone
è tutto digitale è molto bello

è l’orologio che piace alla gente
sono molto felice che ce l’ho
e adesso che ce l’ho lo porto in giro

è digitalizzato lui ogni volta
che si avvicina uno che è siciliano
ogni volta che c’è un terone in giro

il mio orologio che l’ho comperato
a gurone la scorsa settimana
vicino all’ipercoop c’è quel negozio

che vendono orologi che io compro
coi soldi che guadagno vi dicevo
che se per caso si avvicina un

mangia mangia di roma il mio orologio
ne avverte la presenza anche nel raggio
di un chilometro e mezzo e allora inizia

a suonare ed inoltre ha le ore scritte
in dialetto lombardo come me
che sono nato nel rione corgnana

di viggiù cioè nel centro andando verso
il colle sant’elia che sta vicino alla svizzera
dove c’è la gente

che non butta per terra le stronzate
in svizzera se butti anche soltanto
un pacchetto di marlboro per terra

invece in puglia ed in basilicata
col mio orologio con il centurino
in plastica lombarda con le ore

scritte in dialetto che è la nostra lingua
ho il cellulare in dialetto lombardo
appaiono le scritte in varesotto

se arriva una chiamata non c’è scritto
in italiano chiamata in arrivo
è scritto in varesotto la mia lingua

non c’entro un cazzo con i mangia mangia
guadagno due milioni e mezzo al mese
lavoro io non abito in teronia

con tutti i soldi che guadagno esco
la sera con i miei amici del nord
andiamo in giro non sporchiamo niente

se comperiamo i mars non li buttiamo
per terra come fanno i siciliani
che se comprano i mars buttano via

la carta in terra buttano le cicche
al mio paese in posta ce n’è dieci
non fanno un cazzo tutto il giorno stanno

a leggere stop rakam oggi gente
i siciliani leggono i giornali
i libri sono degli intellettuali

hanno la casa come il leoncavallo
i siciliani non mettono mica
la tovaglia sul tavolo essi hanno

quegli affari di carta che hanno a roma
che vendono negli autogrill teroni
che non costano un cazzo e sono brutti

non guardo mai o.k. il prezzo è giusto
perché iva zanicchi è una terona
o almeno così sembra
così parla

Cari suicidi

Chi non riescono a andare
avanti in questo lussurioso mare
di governi e lattine bye-bye cari
suicidi che ogni tanto
la metro si interrompe nella tratta
Bisceglie-Wagner, cara
vita del mio ritardo
in ufficio che stride sui binari,
sogni, polmoni, mutande Roberta.

Chi devono imparare
a collegare la fresa del 2
prima che suoni radio madre fm:
vagine liste figli dell’Ikea,
che il cielo resta lì come un massacro
di auto che c’è dentro
il bacio che declinavo intervallo,
mia moglie ha questa scatola di chiodi.

Chi cercano l’edicola
coi prezzi della Tipo colorata
di oro colato a intermittenza mista
di scimmie in Guatemala e Audiocassette
di Anna Falchi nuda questo mondo.


Narrativa e poesia

A Niccolò Ammaniti

Siamo in pochi a non essere ancora morti
Ancora meno di quelli che non sono mai nati e non nasceranno
È una situazione curiosa che non sappiamo per quanto si potrà protrarre
Ma per fortuna abbiamo una fede incrollabile nei nessi di relazione
È per questo motivo che oltre alle barche a vela le polpette di riso l’ammoniaca
La Sprite i tappi del dentifricio e miriadi di altra merce
Esistono i libri che sono pieni
Di nessi e ci danno la gratificante impressione
Che questa sia una storia, che abbia un inizio e una fine
E che magri ci convinca a leggere e rileggere,
E ci dia delle belle soddisfazioni
Accantonandoci dal mondo qualche ora.

In questo la narrativa
Ha dei vantaggi sulla poesia, è più compiuta
Ti accompagna ad esempio
In autobus permettendoti di avere un
Mondo altro a tua disposizione, più ricco di quei nessi di relazione
Solo tuo e docile alla tua ondivaga attenzione. Invece la poesia
Inizia e finisce un po’ scontornata dal mondo,
E più assomiglia al mondo
I cui contorni non vogliamo accettare
Essere consunti davvero e indecifrabili,
Quello nostro quotidiano
Delle impennate di serotonina,
Delle accidentali erezioni causate dalla pubblicità degli assorbenti interni
E come questo mondo la poesia è già consunta, ferita
A morte come una mosca schiacciata sulla pagina,
Così da principio fa mostra delle sue viscere
Piccole striature d’ego invendute sugli scaffali
dei magazzini.

La narrativa invece ha l’alibi suo proprio
Di dirti che questa storia non è vera
Oppure più veramente di quello che appare
Riempie le toppe, quelle
Zone d’inesistenza solare che Vittorio Sereni sapeva Essere i morti che dappertutto
Sgomitano gridando
Che il senso non c’è, e non c’è mai stato. Siamo in pochi,
A non essere ancora morti,
Ancora meno di quelli che non sono mai nati
e non nasceranno
E una cosa di cui non si avverte proprio l’utilità
è la poesia,
O questa cosa stessa che adesso (sono
Le undici del mattino, davanti al computer, la tele
accesa con
Bin Laden che parla di Bush, e l’interruzione
Per la pubblicità dello yogurt), qualunque cosa
Essa sia, sto scrivendo e
I margini troppo stretti del foglio che
Permane poco, pochissimo, per sempre di fronte all’attesa
Di un altro messaggio al cellulare, dell’ora
Di pranzo puntuale
Oggi ancora, per oggi o
Per domani.



La merce invenduta piange

Io se fossi un pannolino avrei bisogno della merda di un
Bambino per esistere
Perché la merce invenduta piange
E non capirei perché un bambino nella sua vita caga
Migliaia di pannolini ma non me
Che sono un pannolino normale come gli altri
Con il mio codice a barre normale
Sulla scatola.

E se fossi uno di quei cosi con la neve e con padre Pio
Penserei di essere meglio di un soprammobile di Giò
Pomodoro perché
Tutte le merci sono uguali di fronte a Dio
E starei male a essere messo in vendita
Alla stazione Centrale di Milano
In un angolino della vetrina del tabaccaio
Tra un cazzo finto e un portasigarette di plastica con lo
Stemma del Milan
Languendo
Per giornate deriso
Perché la merce invenduta piange.

Io conosco il dolore delle pile dei sacchi della spazzatura
Nascosti dietro le scope
Nel reparto casalinghi
Del supermercato, sacchi della spazzatura
Verdi un tempo imposti per la raccolta differenziata dal
Comune e adesso
Negletti e impolverati, decaduti
Plastica più sola di un’anima a marcire

E conosco quel senso così umano
di imbarazzo solo nell’esserci, nell’invadere lo spazio
dello sguardo di una casalinga frettolosa di certe
imitazioni di creme per il volto famose
che non sanno perché ancora stanno lì esposte
come due anziani che si stringono su una panchina al parco
il giorno prima di morire.

Io conosco il dolore della “gelatina per dolci
Già detta colla di pesce” sommersa
Da bustine di lieviti Bertolini e sacchetti di zucchero in Scaglie per le guarnizioni
Lo conosco e se io fossi lei mi chiederei perché
Sono “gelatina per dolci già detta colla di pesce”
E non, ad esempio, una fulgida appetitosa scatola
Di mezzo chilo di mezze penne Barilla,
di quelle che si vendono a migliaia
nei supermercati di tutto il mondo.
Io penserei questo tutto il giorno e continuerei a piangere
Perché la merce invenduta piange
E il suo dolore è tanto simile al nostro
Biologico stare sul mercato fino a che c’è domanda
Fino a che l’articolo che siamo non deperisce

Come un diplomato di 52 anni alla ricerca del primo lavoro
Come un corridore automobilistico amputato
Come una ragazza in Giappone
Che a 25 anni nessuno l’ha sposata
Sugli scaffali della vita raggelata miscela
Leone scaduta nel reparto
Caffè o sugo di cinghiale con l’etichettta scollata

Scatole di sale dietetico schiacciata




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