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Or che ogni piaggia prende il bel colore
Or che ogni piaggia prende il bel colore,
ride la terra, e il frutto a noi dispensa,
e col dì notte egualmente compensa
quel che di tanti effetti è solo autore.
Secche èn le mie speranze, e duolsi il core,
che frutto più di lor coglier non pensa,
ond’ io tal dentro sento doglia intensa,
che già varca il dover l’aspro dolore:
et pasco l’alma sol di meraviglia,
pensando quel poter dove è raccolto,
che adopra in me contra stagion tal forza.
Intanto in mente adombro quel bel volto,
disegno quei begli occhi et quelle ciglia,
quegli occhi, anzi quel sol, che a ciò mi sforza.
Rimena il villanel fiaccato e stanco
Rimena il villanel fiaccato, e stanco
Le schiere sue, donde il mattin partille,
Vedendo di lontan fumar le ville,
E il giorno appoco appoco venir manco.
E poi si posa, ed io pur non mi stanco
Al tardo, sospirar, come alle squille,
(Io me ne ingegno, che ognor più sfaville
Il foco, e l’esca nel mio acceso fianco.)
E sognar tristo, infin che l’alba nasce,
E il giorno disiar sempre il mio male,
Col fiero rimembrar di mille offese.
Così dì e notte piango, e così pasce
La fragil vita questa, a cui non cale
Vedermi dentro al foco, ch’ ella accese.
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