Lapo Gianni (XIII-XIV secolo)

Amor, eo chero mia donna in domíno

Amor, eo chero mia donna in domíno
l’Arno balsamo fino,
le mura di Firenze inargentate
le rughe di cristallo lastricate,
fortezze alte, merlate,
mio fedel fosse ciaschedun latino;
il mondo ‘n pace, securo il cammino;
non mi noccia vicino;
e l’aire temperata verno e state;
e mille donne e donzelle adornate,
sempre d’amor pressate,
meco cantasser la sera e ‘l mattino;
e giardin fruttuosi di gran giro,
con grande uccellagione,
pien di condotti d’acqua e cacciagione;
bel mi trovasse come fu Assalonne;
Sansone pareggiassi e Salomone;
servaggi de barone;
sonar vïole, chitarre, canzone;
poscia dover entrar nel cielo empireo.
Giovane sana allegra e secura,
fosse mia vita fin che ‘l mondo dura.


Dolce è ‘l pensier

Dolce è ’l pensier che mi notrica il core
d’una giovane donna ch’e’ desia,
per cui si fè gentil l’anima mia,
poiché sposata la congiunse Amore.

I’ non posso leggeramente trare
il novo esempio ched ella somiglia:
quest’angela che par di ciel venuta
d’amor sorella mi sembr’al parlare
ed ogni su’ atterello è meraviglia:
beata l’alma che questa saluta!
In colei si può dir che sia piovuta
allegrezza, speranza e gioi’ compita
ed ogni rama di virtù fiorita,
la qual procede dal su’ gran valore.

Il nobile intelletto ched’i’ porto
per questa giovin donna ch’è apparita
mi fa spregiar viltate e villannia.
Il dolce ragionar mi dà conforto
ch’ i’ fè con lei de l’amorosa vita,
essendo già in sua nuova signoria.
Ella mi fè tanto di cortesia
che non sdegnò mio soave parlare,
ond’io voglio Amor dolce ringraziare
che mi fè degno di cotanto onore.

Com’i’ son scritto nel libro d’amore
conterai, Ballatetta, in cortesia,
quando tu vederai la donna mia,
poi che di lei fui fatto servitore.


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