Ludovico Leporeo (1582-1655)

Come aringa fiamminga ovver saracca

Biasima l’ingordigia donnesa. Leporeambo alfabetico endecasillabo satirico trisono irrepetito acca, ecca, icca, occa

Come arringa fiamminga ovver saracca
Amor mi sfuma e mi consuma e secca,
e col dardo d’un guardo il cor mi stecca,
e con la freccia sua mi sbreccia e spacca.

Lilla ria mi spupilla e mi spatacca
di quanti avea contanti nella zecca,
onde spesso interesso alla Giudecca
il mantello, il guarnello e la casacca.

Sovente di repente me la ficca
mi rapina, e squattrina e mi sbaiocca,
e la vuol vinta a goffo, a pinta, a cricca.

Mi spela, e si querela e ognor tarocca
m’imbroglia, mi dispoglia e mi sboricca,
ché scaltra è più d’ogn’altra, e la fa sciocca.


Son fatto per amor Batto sordastro

Leporeambo alfabetico trisono endecasillabo satirico irrepetito. Si finge ferito da Cupido
astro, estro, istro, ostro


Son fatto per amor Batto sordastro,
Sordo più d’aspe d’arimaspe alpestro,
E da lontan, ma in van miro e sbalestro
Colei che a’ sospir miei sembra un pilastro.

Per risanarmi e farmi un dolce empiastro
Dal lato manco, over dal fianco destro,
Flora ed Aurora colsero un canestro
Di scilla, camomilla, appio e mentastro.

Per crudeltà che mai non ha registro
Ardo sin dentro il centro, e nol dimostro,
E mi corrode il cor l’umor salmistro.

Con foglie non si toglie il neo d’inchiostro,
Nulla vale al mio male arpa, né sistro,
Né quante corbe d’erbe ha l’orbe nostro.





Vo a caccia e in traccia di parole, e pescole

Leporeambo alfabetico duodecasillabo trisono satirico irrepetito. Vuole asteriscare le sue parole nuove escole,iscole,oscole,uscole

Vo a caccia e in traccia di parole, e pescole
Dal rio del cupo oblio, le purgo, e inciscole,
Poi con ingegni degni conferiscole,
Che a vederle son perle e non baltrescole.

Da ferrugine e rugine rinfrescole
E da la muffa e ruffa antica spriscole;
Poi con indici ai sindici asteriscole,
E senza stento a mille, a cento accrescole

Dalle muraglie d’anticaglie sboscole,
Minime, semiminime, e minuscole,
E sappi il mondo attondo che io conoscole.

Ciarlino pure le censure cruscole,
Ché a genti intelligenti e a torme toscole
Le vo’ mettere a lettere maiuscole.


Torna alla pagina: “Le più belle poesie della lingua italiana”