Celio Magno (1536-1602)

Cristo oggi nacque, ond’io debbo mostrarmi

Cristo oggi nacque, ond’io debbo mostrarmi
lieto o dolente? E starne in festa o in lutto?
M’empie di gaudio il ben con lui produtto
poi ch’in terra dal ciel venne a salvarmi;

ma tra la gioia il cor sento piagarmi,
ch’ei colse del su’ amor sí acerbo frutto,
in alto abisso di martir condutto,
degnando per sua morte a vita trarmi:

benchè, se ‘l mio dever guardo e ‘l suo merto,
che vale il mio gioir, che vale il pianto
a le sue fasce, a la sua croce offerto?

Tu che, nato per me, patisti tanto,
con tua grazia fa degno il mio demerto
e in me cresci a tua gloria e ‘l duolo e ‘l canto.



Di nobil pianta, che da verde riva

Di nobil pianta, che da verde riva
Domina, e rende il Tagliamento adorno,
Sì bella verga uscia, che d’ogni intorno
L’acqua, la terra, e ‘l Ciel di lei gioiva:

Tra le sue vaghe fronde Amor copriva
I più bei lacci, e mentre ardeva il giorno,
Facendo a l’ombra sua dolce soggiorno,
Con le muse cantar Cintia s’udiva.

Troncolla in sul fiorir con falce avara,
Morte pur troppo, oimè, spietata, e fella,
Ond’ogni cor ne pianse in doglia amara.

Ben ne fe poi ghirlanda, amata, e cara
Febo, e mesto la pose ov’or con quella
Dell’antica Arianna il Ciel rischiara.


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